Non può esserci alcun attenuante secondo la cassazione, per il
comportamento assunto dal comandante Schettino durante l’ormai noto naufragio
della Costa Concordia.
«È stato un naufragio di tali immani proporzioni e connotato da gravissime negligenze e macroscopiche infrazioni delle procedure» che non può esserci alcun attenuante secondo la cassazione per il comandante Francesco Schettino che «non inviò il segnale di falla all’equipaggio per far scattare l’ammaina scialuppa e mettere subito in salvo i passeggeri».
La rotta improvvisata, senza conoscere i fondali marini, è stata un atto di grande irresponsabilità. Inoltre «già pochi minuti dopo l’urto con gli scogli, alle 21.49 del 13 gennaio 2012, il comandante era già consapevole della falla in sala macchine». La manovra disperata e gli ordini poco chiari impartiti al timoniere Bin non hanno portato a nulla.
Le ragioni dell’inchino al Giglio furono, secondo il pm, «futili,
per “intrattenere” gli ospiti non autorizzati in plancia con una navigazione
turistica sotto costa, o per una promessa al maitre Tievoli o al comandante
Palombo».
Oltre duemila persone abbandonate e inconsapevoli di ciò che stava accadendo a
bordo.
«Schettino era consapevole che sul lato sinistro della nave si trovavano ancora
duemila persone, e che solo 1500 passeggeri erano scesi con le scialuppe di
dritta perché glielo aveva detto il personale di bordo: in quanto comandante,
con posizione di garanzia, aveva l’obbligo di restare sulla nave fino
all’ultimo, invece quando si calò sulla scialuppa sapeva che dietro di lui
c’erano altri ufficiali rimasti sulla Concordia».
Ingiustificabile anche la “latitanza gestionale”, che ha portato Schettino a ignorare completamente la gestione dell’emergenza: «Schettino, sceso dalla nave, non si tiene nemmeno in contatto radio con i suoi ufficiali e accetta di rimanere all’oscuro sul destino di circa duemila persone». Il Pg ricorda invece come i pompieri abbiano salvato 700 persone salendo a bordo.