Collegio Nazionale Capitani

Foglio telematico a cura di Decio Lucano 23 maggio 2015

Articolo di lunedì 25 maggio 2015



Collegio Capitani

Nell'interno. Mare Forum, “aspettando Godot”, pag. 3 / Sorrisi amari, pag. 5 / Gigantismo navale di Renato Midoro, pag. 8 / Una nuova rubrica: Perizie Navali, pag. 13 / Il nostro salotto, pag. 15/ L'archivio delle Indie, pag. 19 .



“L'entropia , secondo i sacri principi della termodinamica, è la quantità di energia non disponibile, cioè la morte termica quando non è più possibile qualsiasi scambio di energia. Questo principio trova applicazione e fondamento nella vita del nostro pianeta, nella cosmologia, nella società liquida in cui viviamo” . Non dimentichiamolo. ( DL )

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CONTROPLANCIA  di Massimo Granieri

Enviromental Ship Index: un premio per gli armatori coraggiosi.

(una occasione di crescita per le portualità da prendere al volo, ma ignorata nel Mediterraneo)

Nuovi sconti sulle tasse portuali si aggiungono a quelli contemplati dal  neonato Environmental Ship Index (ESI), ovvero un sistema che identifica e premia  le navi che riescono a ridurre le emissioni aeree a livelli inferiori  di quelli  standard richiesti dall’IMO.

Il porto di Anversa, e non è l’unico del sistema dei porti nord europei,  con questa intelligente mossa  premia con un ulteriore abbuono gli armatori delle navi “più pulite” offrendo ulteriori riduzioni  sui diritti portuali. Non poca cosa per gli armatori in tempi di vacche magre come questi!

Con questa iniziativa, che rientra nell’ambito del piano cittadino per l' abbassamento delle quote di inquinamento atmosferico e particellare dell’ area metropolitana e portuale, l’autorità del porto belga mira contemporaneamente ad incoraggiare gli investimenti in tecnologie verdi rendendo l’industria marittina più eco-sostenibile e al contempo, molto astutamente , invogliare  le utenze ad utilizzare questo scalo.

Questa ulteriore detrazione entrerà in vigore dal primo giugno di quest’anno  per un periodo di tre anni e verrà gradualmente ridotta per premiare ovviamente chi per primo ha creduto e investito. Ne potranno beneficiare quelle navi che dimostreranno l’effettiva installazione e uso degli “scrubbers” , speciali impianti di “lavatura” dei fumi di scarico dei motori principali, o quei mezzi che usano carburante LNG . Logicamente il bordo dovrà dimostrare alle autorità che  tali sistemi di riduzione delle emissioni  sono stati messi in funzione almeno 24 ore prima dell’arrivo nel porto. Le navi a consumo di LNG potranno usufrire di uno sconto del 20 percento, mentre le altre dotate di sistema di lavaggio dei fumi otterrano il 15 percento, nel 2016 le percentuali saranno del 15 e 10 percento rispettivamente per scendere poi nel 2017  al 10 e 5 percento. 

I benefici tariffari contemplati invece dall’ ESI, a cui il porto di Anversa aderisce in quanto facente parte del comitato World Ports Climate Initiative,  si basano  su un sistema di crediti che variano da 0 a 100 che ogni nave può guadagnare in base alla capacità di performare meglio di quello che è richiesto dalle normative internazionali in fatto di emissioni NOx, SOx e CO2 . Le navi che ottengono 31 o più crediti possono ottenere una riduzione delle tasse portuali del 10 percento che sommate alle prime  potranno raggiungere in alcuni casi riduzioni totali del 30 percento. Al momento  oltre 3000 navi ne hanno beneficiato.

Nonostante questi signficativi sforzi, la gran parte dell’industria marittima mondiale è ancora lontana dal far proprie le politiche ecologiste, stretta anche dalla morsa di una crisi dei noli che si protrae ormai  dal 2008.

Varie iniziative al riguardo sono state comunque promosse e messe in applicazione per ridurre l’inquinamento atmosferico, tra queste l’introduzione di quelle che vengono definite  Sulphur Emission Control Areas (SECAs) ove le navi che le attraversano devo mantenere le emissioni di zolfo presenti nei gas di scarico dei motori entro certi livelli. Per rimanere entro tali parametri la maggior parte delle navi ricorre all’uso di bunker con percentuale di zolfo – low sulphur heavy fuel - che da quest’anno non deve superare lo 0.01 percento, alternativamente a sistemi di pulizia dei gas di scarico - “post-combustion systems” - o, come nel caso di un ancora limitatissimo numero di unità, all’uso di combustibile pulito LNG.

Ultima,  per noi, triste constatazione : al momento aderiscono al World Ports Climate Initiative 26 porti e il numero è in costante crescita, la grande adesione è partita dai maggiori porti nord europei  seguiti da  un paio di canadesi e americani, poi addirittura Busan (Sud Korea), Tokyo e Port Nelson (Nuova Zelanda) , lo storico bacino mediterraneao è rappresentato dal solo porto israeliano di Ashdod … Un altra occasione perduta?

Si apre la Northern Sea Route

Argomento ben noto a questo salotto nautico giacchè ci possiamo considerare tra i primi che gli avevano messo i binoccoli adosso quando questi passaggi artici interessavano  praticamente la navigazione costiera della flotta artica russa per poi diventare  a tentativi  rotta alternativa di navi commerciali tra  il nord est asiatico e il nord ovest europeo in alternativa alla classica rotta meridionale via Singapore-Suez. I concetti di riduzione delle distanze a beneficio dei costi di trasporto, quindi riduzione delle emissioni di CO2 etc etc, sono teorici argomenti ormai triti e ritriti  contraddetti dalla realtà che, influenzata dal poverissimo mercato dei noli, fa saltare ogni più logico ragionamento. Abbiamo parlato a suo tempo anche di questo quando un pur convenientissimo prezzo del bunker non stimolò tuttavia nessuno a ripristinare le velocità normali  esercizio perchè al mercato non necessitava una più veloce consegna delle merci, mentre avrebbe invece sbilanciato l’equazione offerta/domanda a ulteriore detrimento dei già miseri noli. Della rotta artica  dal punto di vista di sicurezza della navigazione e dell’ambiente se  ne e’ parlato molto meno  lasciando per anni  questo prezioso angolo del globo alla mercè di navi che lo attraversavano seguendo regolamenti creati per la norrmale navigazione oceanica . Il nuovo Polar Code ha voluto essere la risposta dell’IMO a questa lacuna anche se  non passa giorno che più o meno note organizzazioni ambientaliste o entusiasti economisti contestano o plaudono questa regolamentazione. Secondo il Earth Environmental Group ad esempio i legislatori hanno paradossalmente omesso di inserire restrizioni all’uso in queste zone di diesel pesante ad alto contenuto di zolfo o non prevedere una normativa chiara circa la movimentazione e il trasferimento di olii o prodotti chimici, o la gestione delle acque di scarico  o dei rifuiti . Queste ommissioni la dicono lunga su quanto ancora si navighi pericolosamente a vista in quei mari...

E non mancano elaborati al riguardo, per gli appassionati dell’argomento; ne suggerisco uno  “Melting Caps and the Economic Impact of Opening the Northern Sea Route”  di Eddy Bekkers , Joseph F. Francois (Università di Bern) e Hugo Rojas-Romagosa (CPB Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis).

Lo studio che può essere scaricato gratuitamente all’indirizzo http://www.green4sea.com/the-economic-impact-of-opening-the-northern-sea-route/analizza con uso di sofisticati modelli l’impatto economico tra Asia e Europa, la diversificazione del traffico da e verso il nord Europa e l’influenza che avrà sul traffico via Suez con i relativi cambiamenti in fatto di welfare e introiti da parte delle nazioni interessate da questo possibile cambiamento. Non si escludono in questa analisi anche le possibili implicazioni geopolitiche e naturalmente quelle ambientali. Particolare riferimento viene anche fatto al positivo  impatto che questi  nuovi traffici potrebbero avere sull’ industria internazionale marittima non escluso quella cantieristica. 

Insomma un pot pourri che copre esaurientemente questo argomento, che la crudeltà di un mercato all’osso lo relegherà forse ancora una volta tra gli scaffali della “libreria di ciò che poteva essere” ma che può valere la pena leggere.

Massimo Granieri

Aspettando Godot”: la risposta dello shipping mondiale al Mare Forum di Roma

° Grimaldi: la domanda di trasporto marittimo può solo aumentare

° Masucci: omogemeità di regolamenti dei porti nazionali

Si sono tenuti il 22 Maggio 2015 a Roma i lavori dell’undicesima edizione di Mare Forum Italy, <<Waiting for Godot>>.

Il titolo di quest’anno, <<Aspettando Godot>>, è carico di significati: è stata presa in prestito da Samuel Beckett la condizione dell’attesa, perché è così che lo shipping mondiale si sente.

Dell’opera del grande drammaturgo irlandese, noti critici letterari hanno scritto che “Apparentemente sembra tutto fermo, ma a guardare bene tutto è in movimento”.

Qualcosa di simile sta accadendo anche al nostro settore, sia a livello mondiale che a livello nazionale.

Nel suo discorso di apertura, il Presidente di Confitarma Emanuele Grimaldi ha espresso parole confortanti sottolineando che <<Abbiamo una sola certezza: nel corso dei secoli, il trasporto via mare ha continuato a crescere e, con una previsione di forte aumento della popolazione mondiale, la domanda per il trasporto marittimo può solo aumentare>>.

Parole - queste - accolte con entusiasmo dagli oltre 200 delegati provenienti da 10 differenti nazioni in rappresentanza di armatori, noleggiatori, brokers, istituti di credito, assicuratori e consulenti.

La sessione di apertura - moderata da Ugo Salerno, Presidente & CEO del RINA – ha esaminato sfide, rischi ed opportunità che lo shipping affronta oggi.

Coco Vroon (Vroon B.V., Olanda) ha illustrato le conseguenze che il mercato off-shore subisce a causa della diminuzione di investimenti in trivellazioni. Cesare D’Amico (D’Amico Società di Navigazione, Italia) e Giuseppe Mauro Rizzo (RBD Armatori, Italia) hanno analizzato il mutevole peso della Cina. Suheyl Demirtas (Associazione Cantieri Turchi, Turchia) ha illustrato il ruolo crescente svolto in Europa dai cantieri del suo Paese. Khamis Juma Buamin (Drydocks World, Dubai) ha avuto l’onere di chiarire quanto ancora l’OPEC è pronta a resistere in un mercato che vede i prezzi del petrolio a livelli dimezzati rispetto ad un anno fa. Stefano Messina (Gruppo Messina, Italia) ha innescato un vivace dibattito sul tema dello eco-ships. Umberto Masucci (Federazione del Mare, Italia) ha ricevuto un caldo applauso quando ha vivacemente auspicato una omogeneità di regolamenti nei porti della medesima nazione.

La sessione <<Waiting for Godot>> è entrata nel vivo del tema dei noli, analizzati da Giuseppe Bottiglieri, Presidente & CEO della Giuseppe Bottiglieri Shipping Co. spa, il quale ha preso una ferma posizione contro coloro che convertono

navi da carico secco (il cui mercato è saturo) in petroliere, danneggiando così anche il settore liquido che sta performando comunque a livelli soddisfacenti.

Speakers e panelists si sono confrontati sull’impatto che nuove leggi e regolamenti in materia di protezione ambientale hanno sulla operatività quotidiana.

Unanime è stata l’opinione degli armatori presenti: nessuno è contrario all’introduzione di nuove norme, ma la loro attuazione non deve comportare ulteriori costi che ne minino inevitabilmente la competitività.

Anche Ralph Leszczynski (Banchero Costa & Co spa, Italia) ha esaminato i settori petrolifero e secco, mentre Vagelis Chatzigiannis (GMS, Dubai) ha illustrato i benefici di demolizione e “ship-recycling”.

Un’altra piacevole novità di questa edizione è stata una maggiore presenza rosa in sala: Liu Ya, in rappresentanza della

Export-Import Bank of China, ha confermato il proprio immutato sostegno a favore della cantieristica cinese, tanto a gestione privata quanto statale, essendo questo un settore che nel Paese di Mao incide sensibilmente sul PIL.

Durante il pomeriggio l’audience ha discusso con Maurizio Maugeri (Porto Petroli di Genova, Italia), Dario Bocchetti (Grimaldi, Italia), Maurizio d’Amico (D’Amico Società di Navigazione spa, Italia) e Mario Dogliani (RINA, Italia) di

nuove fonti energetiche.

Ancora una volta l’audience è stato il protagonista: interrogato, il 78% del pubblico ha ritenuto che l’ LNG possa davvero essere il combustibile del futuro, ma - quando gli è stato chiesto entro quando le navi realmente navigheranno usando LNG – ben il 98% ha risposto “Non prima del 2020!”.

Proprio su questo tema – durante la sessione dal significativo titolo <<Miti, sogni, necessità e realtà>> moderata da Roberto Giorgi (V. Ships, Montecarlo) - due donne hanno catturato l’attenzione dei presenti: Carolyn Comer, (Shell, Olanda), che ha illustrato i benefici e la fattibilità di un carburante eco-friendly, e Randee Day (Day&Partners, Stati Uniti d’America), la quale – in risposta alla forte provocazione lanciata da Fabrizio Vettosi (Venice Shipping and Logistics, Italia) che sostiene che “Godot sia morto” – ha ribadito che i private equities non sono affatto usciti di scena, ma sono <<vivi e vegeti>>.

Mariella Bottiglieri, Amministratore Delegato & Chartering Manager della Giuseppe Bottiglieri Shipping Co. spa, ha supportato le varie sessioni fungendo da link fra relatori e platea, pur non mancando di sottolineare la propria posizione ferma durante alcuni vivaci dibattiti, come quello in materia di navi eco e di private equity.

Aspettando Godot” termina con i protagonisti che - pur restando fermi - si domandano “Allora? Andiamo via?”

Al contrario, oggi il cluster marittimo è stato assolutamente unanime nel volere reagire con determinazione e senza indugi: Godot è vivo e sta arrivando.

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La provocazione

SORRISI AMARI DAVANTI AI FUORVIANTI TALK SHOW

che declamano migrazioni e interventi senza conoscere la storia dei popoli

Sorrido ( amaro ) quando seguo i dibattiti dei ripetitivi e fuorvianti talkshow  televisivi dove il tema centrale è il Mediterraneo e i “migranti” perchè vorrei che il Diritto del Mare fosse affrontato  dalla UE – e Onu – con assoluta serietà bandendo ogni forma di giaculatoria politica spettacolare. Purtroppo la stampa seguendo la cronaca fa spesso da cassa di risonanza acritica e superficiale, se non schierata, creando quindi disinformazione nei lettori cittadini.  Sulla Rivista Marittima , mensile della Marina Militare, del marzo 2015, (ma è da leggere anche il fascicolo di febbraio dedicato a questi temi particolarmente dal lato bellico all'Isis), Fabio Caffio esamina con scientificità, pur esprimendo qualche dubbio, il tema della Frontiere marittime europee e le pretese degli stati mediterranei sulla Zona Economica Esclusiva, mentre Massimo Baldacci nel suo articolo ( prima parte )  entra nel vivo dell'aspetto militare della Jihad nell'ambito della giurisprudenza islamica. Mi rileggo l'articolo di Tobia Costagliola su DL News del 13 maggio sulla Lex Rhodia e la Lex Pontica , e vorrei che i partecipanti ai dibattiti pubblici televisivi  (nonchè UE/Onu ) avessero letto la storia del diritto dei popoli ai tempi dell' impero romano , quanto fossero avanzati i rapporti marittimi tra stati nel Mediterraneo fondati su tre componenti: mare, uomo, nave.  Quanto dovremmo imparare oggi da quella lunga storia , almeno nell'aspetto giuridico se non bellico che, nel contesto di oltre 2.000 anni fa , era ovviamente più risolutivo, ma guarda caso con tanta attualità, oggi che le problematiche sociali, politiche e militari si sono acuite senza intravedere, stante la demagogia imperante, una soluzione. (DL )

Troppi sinistri causati da incendio a bordo delle ro-ro

IUMI (assicurazioni), IFSMA (capitani al comando ), IMO,  NAUTILUS ( sindacato ufficiali britannici ) hanno espresso in un recente incontro la preoccupazione per l'aumento dei sinistri dovuti a incendio , prevalentemente in sala macchine, delle navi soprattutto ro-ro passeggeri . E' stato chiesto di rivedere i criteri per nuovi sistemi standard per il salvataggio dei marittimi e dei passeggeri delle navi incidentate. I delegati presenti all'IMO chiedono di rivedere il Fire Safety Systems  Code compresi i sistemi di intervento per la protezione e l'intervento nel fumo, ( il punto focale del problema  è che tipologia di gas viene sprigionato nell'incendio ), nuovi criteri per i sistemi di salvataggio e di salvaguardia della vita umana in caso di incendio che sostituiscano gli attuali  non più affidabili apparecchiature ed equipaggiamenti. Controlli sulla preparazione degli equipaggi e sulla conoscenza dei pericoli e come trattarli da parte dei passeggeri. Insomma andar per mare non è da prendere sottogamba ( come i voli low cost o last minute ) specialmente con i traghetti che non  si fermano mai. (DL )

L'armamento scappa dall'Italia ?

I nostri armatori non ci stanno più nei conti , chiedono la revisione della Tonnage Tax, del Registro Internazionale , trasferire le navi in compartimenti esteri; in questa vacatio amministrativa in cui si trova l'Italia , la nostra marina priva di riferimenti autorevoli e sicuri si assottiglia , rimangono le autostrade del mare.... ( DL )

 

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GIORNATA DELLA MEMORIA DEL MARITTIMO

  L’ Associazione Professionale Capitani Marittimi in concerto con la Casina dei Capitani, l’ Associazione Gente di Mare e l’ Associazione Capitani Procida ha istituito una “GIORNATA DELLA MEMORIA” per tutti i marittimi scomparsi.

Una S. Messa in suffragio sarà celebrata ogni anno alle ore 18,30 del 14 Maggio nella Chiesa di S. Teresa in Piano di Sorrento.

Cap.dm Vincenzo ASTARITA Presidente APCM 

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Premio Angelo Scribanti a Porcellacchia e Tortora

Il DITEN della Scuola Politecnica dell’Università di Genova ha organizzato la cerimonia per il conferimento del premio Angelo Scribanti 2015 agli ingegneri navali Franco Porcellacchia e Stefano Tortora il 28 maggio 2015 alla Sala Edoardo Benvenuto a Genova presso la ex Facoltà di Architettura

L'ing. Franco Porcellacchia è Vice President, Carnival Corporate Refit e

l'Amm. Isp.Capo (GN) Ing. Stefano Tortora, è Capo del Corpo Genio Navale, Marina Militare.

Il Premio viene attribuito con cadenza quinquennale in riconoscimento di meriti professionali di illustri laureati in Ingegneria Navale dell'Università di Genova.

Il Premio Scribanti 2015,  assegnato all'ing. Franco Porcellacchia e all'Amm. Isp. Capo (GN) Ing. Stefano Tortora,  quest'anno, vuole essere anche un riconoscimento per il successo della straordinaria operazione di recupero della Costa Concordia, un'operazione nella quale i due illustri premiati hanno giocato un ruolo fondamentale.

premioscribanti@gmail.com

Libri e riviste

Il ventottesimo Salone del Libro a Torino ha chiuso con 341mila visitatori rispetto ai 339.752 della scorsa edizione e il Salone si chiude con una crescita di fatturato del 15 per cento . Record di affari per l’International Book Forum: 650 da 30 Paesi, seimila sono stati gli incontri .

ANTEREM , rivista di ricerca letteraria fondata e diretta da Flavio Ermini, pubblicazione semestrale, 2015,  www.anteremedizioni.it

VITA E MARE, marzo-aprile 2015, periodico di cultura e informazioni sulle attività marittime, diretta da Bettina Arcuri, organo di stampa del Collegio Nazionale Collegio Capitani L.C e di M.  www.collegionazionalecapitani.it

Nuova settimana delle Egadi al tempo dell'Expo

e la Libreria Internazionale Il Mare

Protagonisti il cibo e la  protezione dell'ambiente marino

Anche quest’anno, dal 5 al 10 giugno, la Libreria Internazionale Il Mare, organizzerà in collaborazione con il Comune di Favignana delle Isole Egadi, la Nuova Settimana delle Egadi al tempo dell’Expo, che quest’anno avrà come protagonista il cibo.

Il giovane Sindaco delle Egadi, Giuseppe Pagato, anche quest’anno, malgrado le ristrettezze economiche ha voluto riproporre la Settimana delle Egadi, ricordandosi come viveva da bambino, quell’avvenimento internazionale. Negli anni 80, infatti, per una settimana le Egadi erano invase da studiosi del tonno, da archeologi subacquei, da biologi marini, che approdavano da tutto il mondo, portando sulle isole nuove conoscenze scientifiche: un avvenimento straordinario per un giovane Favignanese. Nel 2015, dopo aver fatto nel 2013 la prova generale, la Nuova Settimana delle Egadi, sarà in collegamento con l’Expo di Milano, dove le Egadi sono state presenti, il 4 maggio.

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  ANALISI  ECONOMICA

Qualche considerazione sul gigantismo navale

di Renato Midoro

Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese di Trasporto

Università di Genova

le alleanze, la selezione dei porti , come aumentare l'offerta e riempire le navi giganti, lo slow steaming,  le nuove tecnologie e i rapporti infrastrutturali a livello mondiale “

Le principali tendenze che hanno interessato i trasporti di containers via mare negli ultimi trent’anni possono essere ricondotte sostanzialmente a tre. La prima concerne l’andamento del mercato. I traffici containerizzati hanno avuto un’espansione sensibile con tassi annui a due cifre prima della crisi finanziaria dell’ultimo quadrimestre del 2007 e un successivo rallentamento, ma con tassi annui medi di crescita attorno al 5/6%. Nel 2020, se come sembra la crescita annua continuerà con il ritmo attuale, il numero dei container da venti piedi (teu), pieni e vuoti, caricati e scaricati in tutti i porti del mondo raggiungerà il miliardo.

Le altre due tendenze riguardano i caratteri tecnologici e dimensionali delle navi.

E’ cresciuta la specializzazione per tutte le tipologie navali nell’ambito della flotta mondiale. Con la specializzazione navale a seconda delle varie tipologie merceologiche (petroliere, rinfusiere per carbone, minerali ferrosi, etc), aumenta la rigidità d’uso della nave, ma si diminuiscono drasticamente i costi di trasporto rispetto ai vettori despecializzati. Le fullcontainership hanno via via incrementato la loro presenza e oggi rappresentano il 97.7% del complesso della capacità di trasporto offerta, per contro le general cargo vedono diminuire il loro peso in modo sensibile.

Il riflesso sulla portualità della specializzazione navale è quello della spinta alla specializzazione dei terminal.

L’altro fenomeno che ha interessato le navi[1], e dunque anche le portacontainer, è la crescita continua, e che sembra inarrestabile, delle dimensioni. Nel 1972 la più grande portacontainer, la Hamburg Express della Hapag Lloyd, trasportava 1.950 teu, nel 1988 la President Truman della APL ne trasportava 4.500. Dieci anni più tardi, la Susan Maersk, conteneva quasi il doppio dei teu, 8.680, e nel 2006 la capacità di stiva della Emma Maersk era pari a 11.000 teu. La nuova generazione di full containership costruite nel 2011, la classe Triple E (Economy, Energy, Environmentally) della Maersk, capaci di trasportare 16.000 teu, lunghe 397 mt, larghe 56 mt e con un pescaggio di 15,5 mt., in grado di viaggiare a 26 nodi, è stata in grado di risparmiare il 35% del consumo di carburante per teu ed emettere il 20% in meno di CO2 per teu rispetto a navi di 13000 teu delle classi precedenti. Oggi la fullcontainership più grande al mondo è la MSC Oscar, costruita dai cantieri Daewoo, lunga 396 mt., larga 59mt con un pescaggio di 16 mt, che è in grado di ospitare 19.224 teu, di cui 1.800 frigo. A tutt’oggi non è stata ancora superata la “barriera” dei 20.000 teu, anche se quest’anno, nel 2015, si odono rumors di un imminente ordine da parte della Maersk di 10 portacontainers da 22.000 teu, per un investimento cumulativo di 1.5 miliardi di dollari. Le over 10.000 rappresentano circa il 20% dell’offerta di stiva, ma questa percentuale è destinata a dilatarsi se si pensa che circa il 70% del portafoglio ordini dei cantieri riguarda navi di questa taglia.

Quali sono le motivazioni che giustificano questa incessante crescita delle dimensioni delle navi? La risposta va ricercata nella volontà delle principali compagnie di navigazione di ridurre drasticamente i costi unitari, per teu, del trasporto. Esse agiscono per realizzare le cd. economie di scala. Al crescere della dimensione della nave, i costi operativi fissi della nave si ripartiscono su di un numero più grande di teu trasportati e quindi la loro incidenza per teu diminuisce. Passare da una panamax da 4.000 teu a una post panamax da 10.000[2] significa ridurre il costo operativo annuo (equipaggio, manutenzione e riparazione, assicurazione, amministrazione, parti e ricambi, carburante e tasse portuali) da 2312 dollari per slot/teu a 1500 dollari per slot/teu. Di recente è stato calcolato che il costo per slot/teu passa da 1200 dollari se trasportato da una 16000 a 1100 dollari se la portata è di 20.000 teu.

Naturalmente per realizzare le economie di scala le navi vanno riempite oltre il “punto di equilibrio”, cioè devono trasportare volumi di carico pagante che generino almeno ricavi tali da coprire i costi totali della nave; ogni incremento dei volumi genera utili crescenti da parte del singoloviaggio. Diventa essenziale di conseguenza che le compagnie di navigazione rafforzino l’attività di marketing per acquisire carichi paganti.

La crescita dell’offerta di stiva e delle dimensioni navali pone su molti fasci di rotte problemi di overcapacity, di qui l’esigenza di razionalizzare l’offerta. Storicamente, nel secolo scorso, questa funzione è stata svolta dalle Conferences e dai Consorzi, ma sia per gli interventi normativi antitrust, sia per la diffusione dell’intermodalità e dei servizi ad alto valore aggiunto che hanno imposto un nolo unico al trasferimento e alla distribuzione delle merci, comprensivo del segmento marittimo, si è assistito al loro superamento.

Come, dunque, regolamentare oggi l’offerta e riempire le navi giganti?

La risposta del mercato è stata quella dell’aumento della concentrazione del mercato. Oggi le prime cinque compagnie di navigazione (Maersk, MSC, CMA-CGM, Hapag Lloyd, Evergreen) offrono il 50% della capacità di stiva esistente. Va sottolineato come peraltro la crescita della concentrazione interessa anche il mercato dei terminalisti portuali. I primi cinque terminalisti globali (Hutchinson, APM Terminals, PSA, Cosco e DP World) rappresentano anch’essi, attraverso i terminal controllati distribuiti in ogni emisfero, il 50% della capacità di caricazione/scaricazione dei teu a livello mondiale. Qualche autorevole studioso pensa che ormai il settore del trasporto marittimo dei container stia superando la struttura concentrata e stia assumendo caratteri di tipo oligopolistico.

Quest’ultima caratterizzazione del mercato verrebbe ancor più validata dalla diffusione delle cd. Alleanze strategiche. Esse oggi sono ancora in fase di avvio e devono ancora esprimere appieno le loro valenze operative, organizzative ed economiche, ma si ritiene che nel giro di un lustro i loro servizi caratterizzeranno il mercato. Le principali Alleanze sono le seguenti: la 2M, formata da Maersk Line e MSC per un totale di slot offerti dalle loro due flotte di 5.529.000; la 2CU o Ocean Three (O3), composta da CMA-CGM, CSCL, UASC per un totale di slot pari a 2.802.000; la CKYHE costituita da Evergreen, COSCO, Hanjin, Yang Ming, K-Line, per un totale di slot pari a 3.229.000 e la G6 cui partecipano Hapag-Lloyd, NYK , OOCL, APL, MOL, Hyundai M.M., per un totale di slot pari a 3.517.000.

Le flotte dei trasportatori globali che aderiscono alle Alleanze strategiche offrono l’82% del complesso della flotta mondiale che è pari a 15 milioni di teu.

Le Alleanze strategiche globali rappresentano un momento di rottura rispetto alle precedenti esperienze delle Conferenze (e dei discussion agreement) e dei primi consorzi. Le nuove forme di cooperazione si concentrano eminentemente sul controllo dei costi (a differenza delle Conference) e non sono più limitati a

singoli servizi (contrariamente ai consorzi), ma aspirano a coprire tutte le principali rotte est-ovest (transpacifica, transatlantica e Far East- Europa).

Una volta strutturata la tipologia della linea, indicata la dimensione delle navi, il loro numero e distribuzione proprietaria, con la finalità di riempire le stive delle navi, la singola Alleanza decide di contribuire, attraverso le attività di canvassing pro quota di ciascun aderente, alla saturazione soddisfacente della portata della nave.

Anche la scelta operativa dello Slow Steaming, la riduzione della velocità commerciale della nave dettata da un lato dalla lievitazione dei prezzi del carburante e dall’altro dalla diminuzione della domanda di trasporto derivante dalla crisi del 2008, ha contribuito all’assorbimento della capacità di trasporto eccedente. Anche oggi in presenza del crollo del prezzi del petrolio è prevedibile che questa tecnica di gestione della nave venga mantenuta. La Drewry stima che in presenza della navigazione lenta, con una media di 18 nodi, i 22 servizi settimanali westbound Asia-Nord Europa (36 gg. impiegati sulla rotta Shanghai-N. EU), servito ciascuno da 11 navi, necessitino di circa 250 navi con dimensioni medie poco superiori agli 11.000 teu. Se le navi viaggiassero alle velocità consentite di 23/24 nodi (28 gg Shanghai-N. EU), ogni singolo circuito necessiterebbe di 8 navi da 11.000, e i 22 servizi assorbirebbero di conseguenza 180 navi, ben 70 navi in meno che dunque potrebbero rappresentare un eccesso di stiva[3].

Per inciso, gli analisti stimano che per servire i fasci di rotte est/ovest le navi al di sotto dei 10.000 teu siano destinate ad uscire dal mercato perché non più competitive.

La crescita delle dimensioni navali comporta una sensibile selezione dei porti, in particolare in quei paesi come l’Italia, in cui i numerosissimi scali portuali non sono in grado di accogliere le over 13.000 teu per la modesta profondità dei fondali, per la limitata lunghezza delle banchine, per la ridotta potenza, e con sbracci sovente al di sotto dei 45 metri, delle gru portainer e per la estensione contenuta dei piazzali. Sempre con riferimento all’Italia[4], i porti in grado di accogliere le navi giganti, avendo conto in particolare del pescaggio sono: Trieste (18 mt), Gioia Tauro (18 mt), Savona-Vado (18 mt), Genova (17 mt), Cagliari (16 mt), Napoli (15mt), Taranto (14 mt), La Spezia (14mt), Brindisi (14 mt). Si manifestano inoltre imponenti fabbisogni di dragaggio per 64 milioni di mt cubi di cui 20 m.ni per il solo porto di Taranto[5].

Una delle domande che vengono sovente poste dagli analisti del settore è la seguente: ha senso proporre ampliamenti delle capacità di manipolazione dei carichi, dragando i porti aumentandone il pescaggio, allungare le banchine, ampliare i piazzali, potenziare e allungare le gru, etc. quando i sistemi logistici presentano diseconomie, disfunzioni, strozzature e di conseguenza non sono in grado di smaltire in modo rapido ed economico le merci[6] caricate e scaricate dalle mega navi?

Gli effetti del gigantismo navale ancor più impattano sulla logistica terrestre. Non soltanto necessita adeguare sotto il profilo organizzativo-gestionale l’intera attività operativa del terminal, ma anche e soprattutto rendere efficienti e funzionali i sistemi logistico trasportistici in cui i singoli porti sono inseriti. Il successo di un porto è sempre più legato, oltre che a fattori di tipo tecnico-organizzativo, alla presenza di ulteriori componenti della catena del valore ovvero alla disponibilità di un insieme ricco e diversificato servizi ad alto valore aggiunto da fornire ai clienti.  E’ vera l’affermazione che recita: la concorrenza tra i porti più che sul mare si svolge a terra e di conseguenza sempre di più nella prospettiva la competitività si svilupperà tra sistemi logistici.

Di qui la necessità di funzionali infrastrutture, autostradali e stradali, ma soprattutto ferroviarie e la presenza di centri logistici, retroporti, interporti, distripark etc., dell’articolazione di un tessuto imprenditoriale cooperante e dialogante in tempo reale con linguaggi comuni, di efficienti emanazioni della pubblica amministrazione che assecondino il veloce affluire/defluire delle merci al/dal porto. Diviene strategica l’interdipendenza funzionale tra la pianificazione portuale, quella delle reti infrastrutturali e imprenditoriali e quella dei territori interessati

Può la crescita delle dimensioni delle navi portacontainer contribuire alla ripresa della portualità di trasbordo?

Com’è noto, il transhipment (passaggio dei teu dalla nave madre alla nave feeder) nasce dalla esigenza di ottimizzare l’utilizzo delle grandi portacontainers. Esse toccano solo pochi porti, in cui caricano e scaricano imponenti volumi di merce, situati lungo la rotta ottimale (la più veloce), di conseguenza evitano deviazioni di rotta che farebbero perdere la frequenza ovvero, mantenendo la frequenza, richiederebbero l’impiego di più navi.

Nei periodi successivi alla crisi economico-finanziaria del 2008, si è assistito a scelte strategiche dei trasportatori globali volte a ridisegnare i piani di investimento e di conseguenza ripensare ad una ridefinizione delle rotte.

La ripresa degli ordinativi delle mega-navi ai cantieri (cinesi, sud-coreani e giapponesi) potrebbe indurre le nuove alleanze degli operatori trasportistici globali ad un rinnovato interesse nei confronti dei porti di trasbordo[7].

7Dalle prime informazioni raccolte, le nuove alleanze scaleranno solamente sette terminal portuali italiani: Genova, Trieste,Venezia, La Spezia, Livorno, Napoli e Gioia Tauro.La 2M per la linea che collega Nord Europa e Asia, farà del Medcenter ContainerTerminal di Gioia Tauro il suo hu

Indubbiamente il fatto che nei porti di trasbordo vi sia la possibilità di “manipolare” carichi velocemente (gru con sbracci di 50-60 mt e di elevata capacità e potenza), nonché condizioni di ottimale ricettività (fondali adeguati e banchine lunghe) rappresenta un importante fattore di attrattività che le alleanze considerano di primaria importanza.

Genova, aprile 2015

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  PERIZIE NAVALI

UNA NUOVA RUBRICA DEL NOSTRO FOGLIO

che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani naviganti e non solo, curata dal comandante Gaetano Mortola, cinquant'anni di petroliere, autore di “Navicare Necesse Est “, episodi veri di mare come racconti.  Questo è il breve resoconto di una perizia su un caso che dimostra come la “safety culture onboard” è alla base della riduzione degli incidenti. Ma attenzione: non è successo niente tranne la coda delle perizie e dell'analisi dello ship management.

Un sorpasso tra due navi nelle sea lanes , il comandante straniero di una nave italiana che non sente, il terzo ufficiale sul ponte che non avverte il comandante, l'altra nave che non risponde ai fischi e alle chiamate, non succede niente ma il caso non finisce...lì.

Ancor oggi, avendo un figlio a Barcelona  operatore di perizie navali,  lo aiuto nel suo mestiere e mi diverto, passo il tempo, metto a frutto la mia esperienza; tengo in vita il mio raziocinio, alleno insomma quel muscolo che è il  cervello umano che non ha bisogno di essere messo sul  “ camminatore” ma che si nutre di emozioni, di idee e di sentimenti. Il cervello ci tiene incatenati alla vita oppure  ci lascia morire.

Si, le perizie navali mi affascinano.  Di ogni caso  cerco tutte le sfumature e le commento . Soffro anche di crisi di astinenza da mancanza di perizia quando  il tempo passa e mio figlio non mi chiama. Ma sono gli ultimi fuochi , lo so bene. Questa che sto per narrare accadde  nel mese di aprile 2015 . Ne scrivo perché potrebbe insegnare  qualcosa  ai giovani naviganti e non.

Una nave da carico di bandiera italiana, di grosso tonnellaggio ( 75 mila DWT) al comando di un comandante turco, avendo conseguito il patentino dall’autorità marittima italiana secondo  legge,  navigava nelle “Sea lanes” di Cabo de Palos, proveniente da Gibilterra e diretta a Tarragona. Un punto di traffico quindi. Alle 20.00 sul ponte c’è il terzo ufficiale, italiano, primo imbarco  con questo grado. Erano circa le 20.45 . In sala nautica ci sono gli “Standing Orders”  ( Consegne di Massima) ed il “Night Orders” del comandante.  La nave si sta avvicinando a 14 nodi al punto di cambio rotta, accostata  a sinistra di circa 20 gradi per proseguire verso i porti della Catalunia.

Ma c’è anche una petroliera ( di circa 110 mila DWT) carica che procede meno veloce , circa 12.5 nodi, quindi un sorpasso è imminente. Il sorpasso tra navi  è sempre una situazione  di rischio, specie in una zona di traffico, soprattutto in una Sea Lane.  Il Terzo Uff.le  commette il primo errore : non avverte il comandante ( anzi il “conduttore” come si dovrà dire d'aora in poi)  contravvenendo  agli ordini scritti. Subito decide per il sorpasso sulla sinistra della petroliera. A questo punto mi sono domandato se aveva  eseguito il calcolo  (sul  radar è molto semplice ) di  quando la petroliera sarebbe giunta al punto di accostata, e non credo, per giudicare se fosse meglio il sorpasso  a dritta della petroliera. Fu il secondo errore.

Ma avendo preso la decisione del sorpasso a sinistra esegue  due fischi lunghi e due brevi ( come da SOLAS ) .  La petroliera avrebbe dovuto rispondere con due fischi brevi  dando il suo consenso. Non risponde ai fischi. Il terzo Uff.le la chiama sul VHF ch 16 e si accordano per passare al canale 6. Ma sul canale 6 la petroliera è muta.  Entra in scena la SASEMAR  (  Guardia costiera spagnola) che in AIS seguono tutto ciò che succede nelle Sea Lanes, chiedendo  alla nave da carico che intenzioni ha . Il terzo uff.le  risponde e dà le spiegazioni richieste. Nel frattempo la petroliera giunge al punto di accostata e cambia rotta  accostando a sinistra. Allora il terzo uff.le  decide per il sorpasso  sulla dritta a distanza di sicurezza , 0.4 mg . Non succede altro.

All’arrivo in porto a Tarragona l’autorità marittima richiede al comandante un rapporto  del passaggio a Cabo de Palos, copia del giornale nautico di quel giorno, e fotocopia della carta nautica . Il P&I chiama mio figlio che  invia immediatamente a bordo un suo perito per eseguire la dovuta indagine. Poi per telefono intervengo anche io.  Il perito mi invia la dichiarazione  che ha preparato il comandante.  Siccome non era sul ponte  secondo la versione del terzo Uff.le , sostiene  che il terzo uff.le non lo ha chiamato sul ponte come di dovere , secondo “Standing Orders” a “Night Orders”. Parlo con il comandante  chiedendogli di togliere quella frase e di far firmare  la sua dichiarazione  anche al  terzo uff.le.

Gli spiego che  il fatto di non essere stato avvisato della “close up situation” richiedente  un sorpasso  è meglio rimanga un fatto  disciplinare interno.

Il comandante oppone resistenza verbale ed allora gli  dico che i periti  consigliano  di fare ciò che è meglio per la nave  ed il comandante,  ma che lui può decidere  diversamente. Tempo dopo vengo a sapere che ha chiamato il suo armatore  che gli ha ordinato di non cambiare la dichiarazione.

Naturalmente noi non sappiamo se la nave verrà accusata di  qualcosa perché in realtà  a Cabo de Palos non è successo niente. Pensiamo invece che  la SASEMAR voglia  accusare la petroliera di non aver risposto al VHF sul canale 6 , come da regolamento SOLAS  e di non aver risposto ai segnali sonori.

Nel  rapporto periziale della CSS ( Control System Survey) è stato  messo in evidenza  l’ irresponsabilità del comandante per non essere stato sul ponte durante il sorpasso di Cabo de Palos, in presenza di Sea Lanes, zona di traffico, lasciando un terzo uff.le di prima nomina solo sul ponte  su nave di grosso tonnellaggio. Ci siamo  anche chiesti come mai il comandante non ha sentito i fischi, e se li ha sentiti perché non è accorso sul ponte.

E’ stato poi evidenziato il fatto di aver dichiarato di non essere stato chiamato  dal OOW  ( officer of the watch ) in quanto  si stava sviluppando una “close up situation”, secondo nostra opinione un caso di disciplina interna, da non divulgare alle autorità, seguendo anche  una logica  etica professionale. Certamente il giovane ufficiale che contravviene  ai regolamenti del “ Bridge Organization” deve essere “arronzato”. “Errare umanum  est”, si impara sbagliando ; certamente quell’ufficiale non farà più lo stesso errore . 

A chiusura della mia relazione  spero che la dichiarazione del comandante gli possa procurare qualche  problema.  Anche un avvocato  mi ha dato ragione. La dichiarazione doveva essere controfirmata dall’uff.le di guardia  e quella frase cancellata.

Capt. Gaetano Mortola

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  IL NOSTRO INQUIETO SALOTTO

UFFICIALI DELLA MARINA MERCANTILE : ACCADEMIE O UNIVERSITA' ? TUTTO RUOTA ATTORNO ALL'ACCADEMIA ?

Caro Decio, rispondo ai tuoi lettori . Ancora in alto mare la formazione professionale degli Allievi Ufficiali, e di ciò ne parla con dovizia la lettrice Paola Noceti, la quale lamenta ancora una volta l’anarchia esistente nella formazione

di cui sopra. Personalmente  sono già intervenuto su questo problema e non si tratta soltanto di unificare in un solo organo decisionale coloro che vanno ad esaminare gli allievi usciti dai nautici, o dalle Accademie, o dai corsi di allineamento o da istituti nautici privati ecc.

Occorre che tutti convergano sulla necessità di “unificare”, come avviene negli altri stati europei-ed extra europei- gli indirizzi, o meglio i corsi di studio per la formazione professionale degli allievi. Istituti nautici e poi una laurea di primo livello – tre anni – per il conseguimento del titolo primario per imbarcare come Allievo Ufficiale. Questo tema è già stato dibattuto, ma mai affrontato. A chi attribuire questo deficit decisionale? Certamente alla mancanza di Autorità o di Dirigenze Mionisteriali che sappiano affrontare la “materia” per poi legiferare in merito.

E’ doveroso qui fare ancora una riflessione su quanto sia incoerente e dannosa la mancanza di un Ministero della Marina Mercantile in Italia, le cui deleghe vengono demandate al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non tenendo conto della particolarità e della peculiarità dei problemi che concernono la Marina Mercantile, che raggruppa pure, al suo interno, la navigazione lacustre-fluviale e quella relativa alle acque miste lagunari-marittime.

Va notato che questo argomento  ha suscitato, e sta suscitando parecchio interesse  nei lettori del tuo D.L.News ,ove tu ti batti da tempo per l’unificazione dei già citati corsi di studio di cui trattiamo  con l’introduzione di una laurea ad hoc di primo livello che ci porterebbe ad una parificazione professionale con ben conosciute Università europee, e, sinceramente, non si vede il perché ciò sia sempre osteggiato. Miopia o forse interessi particolari?

Se ne parla ora, è quasi un “chiacchericcio” –mi se perdoni l’espressione.

C’è chi parla di portare a tre anni-anziché due- la durata delle Accademie meglio chiamate ITS (Istituti Tecnici Superiori) paragonandole a Università. C’è chi propone altre vie, ma la soluzione del problema non può nascere da proposte di singoli….Si dovrebbe costituire un gruppo di lavoro, di ricerca di persone che conoscano bene il mondo dello “shipping” e che, dopo aver esaminato per bene il nocciolo del da farsi, magari rapportandosi con Università straniere, riescano a comparare i comuni problemi per poter poi “battezzare il modello italiano” che ,ovviamente, dovrà essere simile, o quasi, a quello europeo.

C’è da rallegrarsi comunque che la questione sia dibattuta anche all’interno del Collegio dei CLC e D.M.

Ugo Dodero

IL BENEMERITO ARCHIVIO DELLA FLOTTA COSTA

e la distruzione di quello Lauro ( e di tante altre società)

Carissimo Decio,

non puoi immaginare quali sentimenti hai suscitato in me con la tua descrizione dell'Archivio Costa e dell'opera meritoria svolta dall'Ing. Piero Costa rimasto, fin'ora, custode attento e fedele delle testimonianze di ben 72 anni di storia della Flotta Costa.

Anche io, negli anni '70, avevo cominciato qualcosa di simile, alla Flotta Lauro, insieme al compianto Comandante Giuseppe Ferrari, figlio del famoso Gio Bono.

Purtroppo il " ciclone" che travolse la Flotta non risparmiò nulla. Gli stormi di avvoltoi che si avventarono su di essa e che ne hanno gestito " i resti", a partire dal 1982 e fino alla dissoluzione totale, operarono nella più cieca ignoranza e stupidità permettendo che " faldoni" e "pratiche vecchie" finissero al macero o fossero disperse durante i vari e disordinati traslochi delle varie amministrazioni.

Il 1982 fu, purtroppo, l'anno in cui lasciai la Flotta, insieme al primo Commissario Alhadeff, iniziando quella diaspora che mi portò prima a Milano, poi a Ravenna, poi a Ginevra e, infine , a Genova.

Sono sentimentalmente legato alla Flotta Costa perché mio padre fu imbarcato come 1°Ufficiale di Macchina, dal 1949 al 1954, sulle navi GIOVANNA C, ENRICO C e POSILLIPO. Successivamente ne ho sempre seguito lo sviluppo grazie anche al giornalino della Flotta Costa che continuò a pervenirci a casa per numerosi anni.

Ricordo che, nel 1949, sono stato a bordo del GIOVANNA, in partenza da Napoli, con una moltitudine di migranti diretti in Sud America. Ancora ricordo i pianti ed i disperati saluti che si incrociavano mentre la nave si staccava dalla banchina.

Mio padre mi portò in macchina e rimasi fortemente impressionato dalla mole delle due motrici. Appresi poi che si trattava di due motrici a triplice espansione e che quelle sei enormi aste metalliche che sporgevano da altrettanti grossi cilindri erano le famose " bielle" ( di felice memoria.....) Altra notizia che mi colpì fu che quella nave era stata costruita in Giappone nel 1919....

Sono lusingato e ti ringrazio per il tuo richiamo allo...storico... Tobia Costagliola; attenzione! qualche vero storico potrebbe offendersi e protestare....

Ti ringrazio e ti saluto caramente.

Tobia Costagliola

CARTA DEL MARE 2.0: BUONE PRATICHE 2015

Maria Paola Profumo Presidente Mu.MA/Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni, Genova e AMMM/Associazione Musei del Mare del Mediterraneo 

invitano a collegarci al sito www.cartadelmare.it  lunedì 25 maggio 2015

per l’apertura delle adesioni online alla

CARTA DEL MARE 2.0: BUONE PRATICHE2015

“CLICK DAY al sito www.cartadelmare.it

La CARTA DEL MARE 2.0 è uno strumento aggiornato di raccolta e diffusione di BUONE PRATICHE per riflettere sui comportamenti virtuosi in 7 aree: CULTURA, AMBIENTE, ACCOGLIENZA, LAVORO, INNOVAZIONE, RELAZIONI E CATENA DI FORNITURA.

La Carta del Mare, promossa nel 2009 dal Galata Museo del Mare di Genova, è una CARTA A PUNTI. Ogni aderente valuta le sue buone pratiche, dando un punteggio: 5 punti in caso di buona pratica in fase di realizzazione, 10 punti in caso di buona pratica adottata. Nel 2014 ha compiuto 5 anni e raccolto più di 2500 Buone Pratiche di soggetti pubblici, privati e del privato-sociale a partire dalla Liguria fino al bacino del Mediterraneo. Dai musei agli istituti scolastici, dagli enti locali ai parchi marini e naturali, dagli hotel ai B&B, dalle imprese dello shipping agli stabilimenti balneari, dalle associazioni culturali a quelle ambientali

Dal 25 maggio 2015 puoi compilare e 'testare' online la Carta del Mare 2.0 con le tue BUONE PRATICHE collegandoti al sito www.cartadelmare.it

Per info:

Marina Mannucci mmannucci@muma.genova.ittel. 0039 010 2512435

Danila Ceva, danila.ceva@gmail.com cell. 0039 347 4198536 collaboratrice Mu.MA per la Carta del Mare

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Viaggio nell’Archivio de Indias – Siviglia

  Juan de la Cosa

Juan de la Cosa nato a Santona in Spagna in data non sicura, ma che può essere supposta tra il il 1450 ed il 1460 , morì in Colombia il 28 febbraio 1510 combattendo contro gli indigeni.

Fu un navigante e cartografo spagnolo conosciuto per aver partecipato a sette dei primi viaggi in America e per aver disegnato la Mappa più antica conservata dove appare il continente americano.

Juan de la Cosa trovò un documento riferentesi al primo ed al secondo viaggio di Cristoforo Colombo nelle  Antille e nel 1499 partecipò come Secondo nella spedizione di Alonso de Ojeda verso le coste del continente sudamericano.

Al suo ritorno in Andalusia disegnò il suo famoso Mappamondo e poco dopo tornò ad imbarcarsi con rotta verso le Indie, stavolta con Rodrigo de Bastidas. Negli anni seguenti alternò viaggi verso l’America con navi al suo comando con incarichi speciali conferitigli dalla Corona Spagnola inclusa una missione speciale a Lisbona come spia ed inoltre la sua partecipazione nella Giunta dei Piloti di Burgos nel 1508.

Nel 1509 iniziò quella che sarà la sua ultima spedizione,di nuovo con Alonso de Ojeda per prendere possesso delle coste dell’attuale Colombia. Juan de la Cosa morì in uno scontro armato con gli indigeni prima di poter arrivare ad esercitare il suo incarico di  “Governatore maggiore civile e penale” de Urabà.

Origini e gioventù

Non si sa con esattezza dove nacque Juan de la Cosa, l’ipotesi più accreditata è che venne al mondo in Santona(Cantabria), visto che si conservano documenti che dimostrano che fu abitante di Santona e che sua moglie e sua figlia residettero pure  in questa città. Alcuni storici del secolo XVI lo chiamarono il “Vizcaino”, e ciò lo portò ad essere confuso con altri naviganti chiamati Juan Vizcaino, ma oggi si sa che erano persone diverse. Neppure si conosce la data della sua nascita, stimata tra il 1450 ed il 1460, nè si conoscono notizie sulla sua infanzia e adolescenza. Si suppone che in gioventù abbia partecipato a viaggi nel Mar Cantabrico e posteriormente verso le Isole Canarie e l’Africa occidentale. Le prime vere testimonianze sono del 1488 quando si trovava in Portogallo. In quel periodo il navigante Bartolomè Diaz tornava a

Lisbona dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza. I Re Cattolici avrebbero inviato Juan de la Cosa a Lisbona come emissario spia alla ricerca di informazioni e dettagli su questa viaggio. Juan riuscì però a ritornare in Spagna prima che Ufficiali Portoghesi lo arrestassero.

All’inizio della decade del 1490 Juan de la Cosa si era stabilito nel porto di Santa Maria (oggi porto di Cadice) e possedeva una nave chiamata Marigalante o Gallega.Si pensa che per ragioni di affari abbia avuto relazioni con i fratelli Pinzon.

( segue)

  (Ricerche e traduzione dallo spagnolo di Ugo Dodero)

LE NOTE DI CARLA MANGINI

Dalle " BUCOLICHE"  dI PUBLIO VIRGILIO MARONE  (egloga  7°, versi 53/61)

In una gara di  canto, due pastori  attribuiscono ciascuno al proprio  amato bene il potere di inaridire o di far fiorire  la campagna.  (L’amore è vita).

Coridone

Stant et iuniperi et castaneae hirsutae,/ strata iacent passim sua quaeque sub arbore poma,/ omnia nunc rident; at si formosus Alexis/ montibus his abeat, videas et  flumina sicca”

Svettano i ginepri  ed i castagni con i loro spinosi ricci,/  i frutti giacciono qua e là sparsi ciascuno sotto il proprio albero,/ ora tutto è ridente; ma se il bell’Alessi/lasciasse  questi monti, vedresti  anche i fiumi in secca.”

Tirsi

“Aret ager, vitio moriens sitit aëris herba,/ Liber (Bacco) pampineas invidit collibus umbras;/ Phillidis adventu nostrae nemus omne virebit,/ Iuppiter et laeto descendet plurimus imbri”

“Il campo inaridisce, muore di sete l’erba per l’aria ammorbante. / Libero (Bacco) non ha dato ai colli l’ombra dei pampini;/  con l’arrivo della nostra  Filli  ogni bosco rinverdirà, / e Giove scenderà con  abbondante  e  feconda pioggia”.

F I N E



[1]

  [1] Il gigantismo delle petroliere risale agli anni ’70. Le VLCC e le ULCC, costruite per circumnavigare l’Africa, stanti le tensioni belliche sul Canale di Suez, crearono in seguito gravi problemi di eccesso di capacità di trasporto e cali drastici dei noli. La nave più grande che abbia mai solcato i mari, di recente demolita, è la Knock Nevis lunga 458 metri, larga 69, con un pescaggio di 25 mt. Per una portata di 564,000 tonn. di greggio, pari a 4.1 milioni di barili. Ad oggi le più grandi hanno queste dimensioni 380x68x24,5, per 442,000 tonn di portata pari a 3,2 milioni di barili. La più grande nave rinfusiera per minerali ferrosi è la Vale Brasil, 400 mt. lunghezza, 65,6 mt. Larghezza, 20 mt di pescaggio per 500,000 tonn di portata lorda. Per quanto riguarda le navi da crociera, la più grande del mondo ad oggi (2015) è l’Allure of the Seas, 360x49x6,3 , che può ospitare 6300 crocieristi e 2400 membri di equipaggio.

[2]

  [2] Calcoli svolti su di un servizio transpacifico Sud Est Asia/USA, per navi 30gg in Mare e 12 in porto per 9 viaggi annui.

[3]

  [3]Va segnalato che la pratica dello Slow Steaming ha comportato una diminuzione dell’affidabilità degli orari di arrivo in porto delle navi, oggi il 64% delle navi arriva in orario.

[4]

  [4]

[5]  Si indicano fabbisogni di dragaggio per i porti di Genova( 3 mil.ni), La Spezia ( 1 mil.ne), Livorno  ( 2 mil )Napoli ( 5 mil), Venezia ( 7 mil ), Trieste ( 4 mil ), Salerno ( 5 mil ), Ravenna ( 7 mil ),An cona ( 3 mil ), B rin disi ( 1,5 mil ), Piombino ( 4 mil ). Fonte DIPE 2014

 

[6]

  [6] La più grande nave portacontainer arrivata a Genova nel febbraio 2015 al Voltri Terminal Europa, la  MCS  Bettina (366x51x14) con portata 14,000 teu, in 2 giorni ha sbarcato  1000 teu e ne ha imbarcato 700.

[7]


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