Genova - Lettera della senatrice Granaiola alla commissaria Bulc. Il
timore è che la Commissione voglia penalizzare i lavoratori italiani.
Alberto Ghiara – THE MEDI TELEGRAPH 12 gennaio 2017
Genova - Il ministero delle Infrastrutture e Trasporti (Mit), criticato per la vicenda delle certificazioni dei marittimi, si è finora difeso attribuendo la responsabilità di scelte ridondanti o contraddittorie al rischio di procedura d’infrazione dell’Unione europea contro le carenze nel sistema formativo italiano. Ma è davvero e soltanto colpa della rigida burocrazia europea se molti marittimi stanno perdendo la possibilità di imbarcarsi o se devono lavorare con mansioni inferiori rispetto ai titoli che avevano acquisito? Per togliersi il dubbio, la senatrice Manuela Granaiola ha preso carta e penna, o meglio tastiera e mouse, e ha scritto una mail alla Commissaria europea ai trasporti, Violeta Bulc, chiedendole di sapere che cosa chiede precisamente l’Europa all’Italia, visto che il Mit non lo ha mai spiegato, e di vigilare con maggiore attenzione su quanto sta avvenendo nel Bel Paese. «L’attuale ministero - scrive Granaiola - in Italia maldestramente sta rincorrendo le vostre richieste generando un quadro caotico, instabile e lontano da quanto la Convenzione (Stcw, ndr) stessa richiede e, soprattutto, da quanto applicato da altri paesi membri».
La senatrice accusa gli uffici amministrativi italiani di incompetenza nell’attuazione dei regolamenti internazionali e delle direttive europee, ma chiede anche alla Commissione europea di seguire con maggiore attenzione gli effetti delle proprie richieste. E esprime il sospetto che errori e incompetenze vengano tollerati proprio perché si vogliono colpire i lavoratori della marineria italiana. «Se la Commissione - afferma la senatrice - si limiterà ancora a richiedere ai ministeri dei Trasporti o dell’Istruzione azioni correttive senza preoccuparsi di cosa e come realmente vengono sostenute queste scelte, in Italia si rischia la decimazione di un’intera classe di lavoratori, anzi di veri e qualificati professionisti del mare e della navigazione. Sorge il dubbio che, alla fine, la scelta perseguita sia proprio questa».
Nella mail a Violeta Bulc, Granaiola ricostruisce la vicenda che ha portato molti marittimi a non poter adeguare il proprio certificato di navigazione entro la scadenza del primo gennaio 2017. L’origine del problema sono le riforme della scuola che si sono susseguite negli ultimi vent’anni, culminate con la riforma Gelmini del 2010, che hanno impoverito i programmi degli istituti nautici. Prima, secondo la senatrice, questi «sopperivano completamente a quanto richiesto dalle tabelle della Stcw 1978/1995». E così nel 2007 arriva un primo audit dell’Emsa, l’Autorità europea per la sicurezza marittima, sull’addestramento della gente di mare nel nostro paese. Nel 2008 l’Unione europea approva la direttiva 106 sull’Stcw. Nel 2010 l’Imo approva gli emendamenti di Manila alla stessa convenzione Stcw, che introducono i nuovi requisiti per ottenere il certificato di navigazione.
Nel 2012 la Commissione europea notifica all’Italia una procedura d’infrazione, come conseguenza dell’audit dell’Emsa e per non aver rispettato quanto previsto dalla direttiva 2008/106. Nel dicembre 2013 l’Italia risponde alla Commissione con il decreto 305, che introduce il corso direttivo di 300 ore per il settore coperta e di 570 ore per quello di macchina. Di conseguenza, nel marzo 2014 l’Europa chiude la procedura d’infrazione. A giugno dello stesso anno, una circolare del Mit chiarisce che il corso direttivo è obbligatorio per chi vuole accedere agli esami da primo ufficiale. Nel 2015 l’Emsa esegue un secondo audit al sistema marittimo italiano. Nel marzo 2016, dopo 6 anni, il Mit stabilisce per l’Italia i programmi di studio per ottenere i requisiti previsti da Manila. Lo scorso 16 ottobre 2016, per non cadere in una nuova procedura d’infrazione, il Mit allarga l’obbligatorietà del corso direttivo anche a comandanti, direttori di macchina e primi ufficiali già in servizio.