Collegio Nazionale Capitani

Napoli, il San Vincenzo attende i finanziamenti

Articolo di mercoledì 09 novembre 2016



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In un primo tempo, verso la fine degli anni '90, sarebbe dovuto diventare una piccola stazione marittima per navi da crociera e grandi yacht.



di Paolo Bosso

Poi museo del mare, ipotesi ora abbandonata. Sull'onda del “lungomare liberato” di via Caracciolo avrebbe dovuto liberarsi prima di tutto del presidio della Marina militare alla radice. Poi, a partire dal 2012, in concomitanza all'allontanamento della Nato e allo spostamento proprio a via Acton del comando logistico Sud dell'Esercito, sono arrivati gli urbanisti napoletani e gli psicologi di comunità della Federico II e la dialettica delle parti si è rovesciata: ora la Marina militare è memoria storica che va valorizzata, essendo l'unica ad essersi presa cura della struttura. Questo è il molo San Vincenzo di Napoli, la lunga e larga banchina borbonica nel cuore della città che attende da decenni di essere aperta al pubblico. Alla radice un presidio della Marina militare che la rende inaccessibile, il resto è demanio pubblico gestito da un'Autorità portuale uscita da poco da un commissariamento lungo oltre tre anni, che se aggiungiamo i «quattro anni di presidenza debole» precedenti, come li definisce il presidente del Propeller Clubs e agente marittimo Umberto Masucci, diventano un decennio di noncuranza di un molo storico bellissimo, unico, abbandonato, sprecato.

«La Marina è pronta a ridimensionare la sua presenza, coesistendo con il pubblico. Da parte nostra c'è tutta la volonta di aprire il passaggio», rassicura Raffaele Caruso, comandante logistico a Napoli della Marina militare, nel corso di un convegno (“La città che cambia. Molo San Vincenzo: la possibile integrazione porto-città”) tenutosi proprio di fronte il San Vincenzo, al Maschio Angioino, organizzato dall'associazione culturale Vivonapoli. «Mi sembra di capire che non ci sono ostacoli all'apertura», risponde il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. «Recentemente – continua - ho avuto dal ministro della Difesa e dal sottosegretario Gioacchino Alfano l'impegno ad occuparsi del San Vincenzo. Vedo una convivenza tra la Marina e i cittadini, almeno in una fase iniziale».

Ora che è stata risolta la “questione di metodo”, quella della mediazione tra le parti (il San Vincenzo è diviso tra la Marina militare, che presidia l'accesso alla radice forte del comando logistico Sud dell'esercito, e l'Autorità portuale/Capitaneria che ne gestisce il demanio), ora che la Marina non è più il bastione da espugnare, o peggio sgomberare, e si mostra addirittura aperta a far transitare il pubblico, cosa manca? «I finanziamenti europei, che non penso siano difficili da trovare», risponde il sindaco. I soldi, insomma, quei capitali con cui poter dragare gli accessi, ristrutturare la scarpata, avviare attività culturali, istituire quel polo di attracco per le navi passeggeri tanto desiderato dalla community portuale, per creare infine una passeggiata in mezzo al mare, prosieguo della lunga zona pedonale di via Caracciolo. E come far entrare le persone se l'accesso resta militarmente presidiato? «Stiamo pensando diverse soluzioni. La più fattibile al momento è quella di transitare con un sistema di trasporto pubblico, o con un servizio taxi dedicato, per far scendere le persone oltre le palazzine della Marina», spiega Massimo Clemente, urbanista dirigente di ricerca al Cnr e fondatore di Friends of molo San Vincenzo, associazione nata poco più di un anno fa. Un'altra soluzione che bypassa il presidio, sponsorizzata dal Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli del porto di Napoli, è quella del traghettamento: le persone si imbarcherebbero dal Beverello per sbarcare oltre la zona militare, direttamente sulla banchina che nella parte che affaccia all'interno è intervallata da archi in pietra risalenti ai Borboni.

Il molo San Vincenzo è ancora chiuso al pubblico, inaccessibile (nel 2011 realizzai in video un servizio giornalistico in occasione della prima maratonina del Propeller Clubs: a distanza di cinque anni le dichiarazioni e i buoni propositi sono rimasti inalterati, ndr). Andrebbe riqualificato e invece giace lì, uno spreco di demanio pubblico composto da oltre due chilometri di una larga banchina borbonica che parte dal centro di Napoli, a due passi dal Circolo Canottieri, dal Palazzo Reale, dal Maschio Angioino, da Piazza Municipio, e finisce in mezzo al mare, di fronte la Stazione marittima di Cesare Bazzani. «Ti giri verso la terraferma e vedi la Tavola Strozzi dal vivo. Il molo San Vincenzo potrebbe diventare un'highline di Manhattan in salsa borbonica», commenta Umberto Masucci, presidente del Propeller Clubs e primo promotore del San Vincenzo da quando il 21 aprile del 1998, allora presidente degli agenti marittimi napoletani, avviò una ristrutturazione da 20 miliardi di lire per rinforzare gli ormeggi e ristabilire una banchina che stava sprofondando. Il sogno degli imprenditori portuali era aggiungere altri attracchi alle crociere, che da allora in avanti sarebbero esplose. Ma poi non si è fatto più niente: il molo resta, pur se solo alla radice, un presidio militare.

Il resto è un'estenuante confronto tra Autorità portuale/Capitaneria, Marina militare e imprenditori rappresentati prima dagli agenti marittimi, poi dal Propeller Clubs. Oggi si sono aggiunti anche gli urbanisti di Aniai e un'associazione ad hoc, Friends of molo San Vincenzo, che ha avuto il merito di impostare un metodo più costruttivo rispetto a quello “oppositivo” verso la Marina che negli anni non ha fatto altro che irrigidire le parti. «Un'urbanistica né dall'alto né dal basso. Nient'altro che un'urbanistica. Un metodo di confronto orizzontale tra gli stakeholder», spiega Clemente.

Il San Vincenzo è talmente grande e così centrale che si potrebbe fare di tutto, accontentando cittadinanza e imprenditori, realizzando attività commerciali e spazi per eventi culturali. Il tutto in uno scenario suggestivo, una passeggiata che porta in mezzo al mare dando la sensazione di trovarsi nel Golfo. Ti giri e vedi la città dal mare.

Il presidio militare, rassicurano promotori e istituzioni, non è un problema. «Possiamo convivere, rappresentiamo i custodi di questo molo, la sua memoria storica. Finalmente è finito quel clima di diffidenza verso di noi. C'è, fondamentalmente, un fattore finanziario da affrontare, sarà questo a determinare i tempi dell'apertura», conclude Caruso.

Prossimo appuntamento il 4 dicembre, per la consueta maratonina amatoriale organizzata dal Propeller Clubs, uno dei pochi eventi di apertura al pubblico del molo San Vincenzo.


fonte: informazione marittima

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