La navalmeccanica italiana è sempre più polarizzata verso la
costruzione di navi da crociera e militari, a discapito di commesse
mercantili e offshore. Sono i risultati emersi dall'assemblea di
Assonave, l'associazione che rappresena la gran parte dell'industria
navalmeccanica italiana, al termine della quale ha visto il rinnovo
delle cariche sociali, con Vincenzo Petrone confermato alla presidenza
per il triennio 2016-2018.
Lo stato dell'arte dei cantieri navali italiani nel 2015
Nel complesso gli ordini calano. Il 2015 ha registrato una domanda di 41 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata (tslc), con una flessione di oltre il 10 per cento rispetto al 2014. Cala fortemente l’offshore, che l'anno scorso ha visto un solo mezzo da trivellazione ordinato. Quello crocieristico registra invece un record di 19 nuove unità ordinate, portando il portafoglio di questa categoria a 47 grandi navi. Discorso simile per il comparto militare che ha visto 96 ordini per un valore di 29,6 miliardi, in crescita del 74 per cento. Il mercato yacht infine vede un rallentamento negli ordini superiori a 60 metri ma una ripresa degli ordini nelle dimensioni più ridotte.
La prima metà del 2016
La tendenza alla polarizzazione si nota anche in questi primi sei mesi dell'anno: fiacco il mercato delle navi mercantili, con ordini per soli 6,8 milioni di tslc, quello crocieristico vede ben 14 nuovi ordini, che diventano 25 conteggiando anche le lettere di intenti ancora da finalizzare. Il comparto offshore è zero, mentre quello yacht in graduale ripresa. Le commesse militari si sono infine confermate soddisfacenti: 41 nuovi ordini per 8,8 miliardi, escludendo il programma di 34 miliardi della Marina australiana per 12 sommergibili.
Il contesto mondiale
Nel primo semestre 2016 la quota di mercato della cantieristica asiatica in termini di nuovi ordini è scesa fino al 68 per cento (era all'87% nel 2014), mentre il boom della domanda di navi da crociera, trainata per lo più soprattutto da Fincantieri, ha portato la cantieristica europea a raggiungere una quota pari a quasi un quarto (7% nel 2014). La Corea tocca il proprio minimo storico con solo il 13 per cento di quota (27% nel 2014). I dati diventano ancora più sorprendenti se si analizzano quelli forniti da Clarkson per il primo semestre di quest'anno, che indicano che l’Europa ha acquisito nuovi ordini per una quota che supera il 60 per cento, «dato obbiettivamente senza precedenti», come precisa Assonave in una nota.
Riparazioni e trasformazioni
Il 2015 e la prima metà del 2016 hanno confermato la tendenza alla polarizzazione anche nel comparto delle riparazioni e trasformazioni. Da una parte il basso livello dei noli ha spinto l’armamento ad economizzare anche sui costi delle manutenzioni e delle riparazioni ordinarie, dall’altra la richiesta di interventi di riammodernamento sulle navi passeggeri, cosi come sugli yacht, ha raggiunto livelli sostenuti. In tale quadro la cantieristica italiana si è trovata dalla parte giusta del mercato, con il gruppo Fincantieri che ha raggiunto un carico di lavoro complessivo record di 21,8 miliardi, pari a oltre 5 anni di lavoro se rapportato ai ricavi del 2015. In particolare, Fincantieri ha un portafoglio ordini crocieristico di 21 unità, con consegne che si estendono fino al 2022, mentre nel mercato militare, grazie alle 9 unità italiane derivanti dalla “legge navale” e alla commessa di 7 unità (4 Corvette, 2 OPV,1 LPD) acquisita in Qatar, arriva a 43 unità, con consegne che si estendono fino al 2026. «Alla luce di ciò – commenta Assonave - la navalmeccanica italiana, al pari di quella europea, esce molto bene da un lungo periodo di crisi ed è più forte di prima: a fronte della crisi dell’offshore derivante dal crollo dei prezzi del petrolio e quindi dei relativi ordini navi, c’è il mercato crocieristico che invece non è mai stato così dinamico».
I primi paesi costruttori
Sono Cina e Corea per portafoglio ordini di navi mercantili, anche se la tendenza di breve termine è tutta a favore dell’Europa. I tre maggiori costruttori coreani hanno infatti riportato perdite per oltre 7 miliardi di dollari. L’Europa è terza, ma in una forma di gran lunga migliore, poiché, pur soffrendo come tutti il crollo offshore, ha visto esplodere il mercato navi passeggeri.
Prototipi
La sfida dei prossimi anni, secondo Assonave, sarà la realizzazione dei prototipi. «Saranno necessari – spiega - nuovi e importanti investimenti in innovazione tecnologica e produttiva. Qui il supporto del governo sarà essenziale e registriamo con soddisfazione che la legge di stabilità 2016 ha confermato stanziamenti per 100 miliardi per l’innovazione. Si auspicano stanziamenti altrettanto importanti per il 2017, tenuto conto che dal 2011 l’Italia ha supportato l’innovazione nella navalmeccanica molto meno di tutti gli altri competitor europei». «La stessa crisi che oggi sta vivendo l’offshore domani potrà costituire un’opportunità, se i costruttori italiani si muoveranno nella stessa direzione anche in questo comparto», aggiunge Petrone.
Centralizzazione della rappresentanza
Assonave chiede una semplificazione “associativa” e “istituzionale” delle rappresentanze navalmeccaniche, «oggi frammentata tra numerosi ministeri a livello centrale, nonché fra le diverse articolazioni territoriali dell’apparato pubblico». Si chiede un “segretariato del mare”, con un responsabile politico «autorevole», che sarebbe «un importante passo avanti». Secondo l'associazione, una buona mossa è stata la recente concentrazione e la razionalizzazione avviate da governo e Cassa Depositi e Prestiti delle offerte delle agenzie per il credito all’esportazione anche a beneficio della cantieristica. La competizione asiatica è fortissima e il programma “Industria 4.0”, presentato recentemente dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, può essere un «grande fattore di incremento della competitività dell’industria manifatturiera italiana». L'idea è di mettere in un'unica associazione navale Assonave, Confitarma, Ucina e altri soggetti, fino ad arrivare alla creazione di una federazione di settore. Ma allo stesso tempo Petrone chiede «un interlocutore unico a livello istituzionale. In tal modo il nostro Paese sarebbe anche più ascoltato in Europa nella protezione dei propri interessi».