I porti europei sono gestiti a maggioranza pubblica ma si muovono verso
la privatizzazione. Sono l'anello di congiunzione tra enti locali e
governo, hanno una gestione dedicata principalmente al demanio e sono il
luogo di sperimentazione per lo sviluppo di nuove forme di produzione
energetica.
È la fotografia che l'European Sea Ports Organization (Espo) ha realizzato nel Trends in Eu ports governance 2016, presentato giovedì scorso a Dublino nel corso della conferenza annuale dell'associazione.
La pubblicazione, periodica, si basa sui risultati di un sondaggio eseguito negli ultimi mesi dalla stessa Espo focalizzato sulla governance e l'organizzazione dei porti dell'Unione europea. Sono state coinvolte 86 autorità portuali provenienti da 19 Stati membri, più i porti di Norvegia e Islanda. Insieme rappresentano più di 200 porti, la maggioranza anche se non una fetta particolarmente significativa del traffico: il 57 per cento del volume complessivo movimentato nel Vecchio continente.
Trends in Eu ports governance 2016
Espo ha individuato e raccolto dieci tendenze tipiche delle autorità portuali europee:
• Rimangono di proprietà pubblica ma si stanno muovendo verso una maggiore gestione privata simile tra loro
• Hanno una miscela di obiettivi economici e non economici
• L'ottimizzazione dell'uso del demanio è un elemento chiave
• Si sviluppano di pari passo con la comunità locale
• Sono proattivi network delle reti transeuropee di trasporto
• Stimolano l'innovazione
• Sono partner importanti dei distretti industriali
• Sono i principali attori del settore energetico e sostenitori della transizione energetica
• La gestione dell'energia è una delle loro principali preoccupazioni
• Spingono verso una maggiore trasparenza amministrativa
Questa edizione del “Trends in Eu ports governance 2016” ha visto il sostegno del progetto Portopia, co-finanziato dalla Commissione Europea.